ARDUINO, SALVI E COTRONE: SCOPRIAMO I TRE IMPORT DEI GIAGUARI PER LA STAGIONE 2016

Dopo quasi una settimana dal loro arrivo a Torino abbiamo avuto l’opportunità di incontrare i tre nuovi giocatori americani dei Giaguari
Torino, da poco presentati alla stampa. Accolto nel loro appartamento alle porte della città, ho avuto l’impressione che i ragazzi si siano subito trovati a loro agio nella convivenza tra loro e nell’adattamento alla nuova realtà: si è subito creato così un clima disteso e amichevole, che ha reso l’intervista più simile ad una chiacchierata che ad un impegno formale.

Kevin Arduino, quarterback arrivato dall’American International College, dove ha avuto un esperienza da allenatore dopo la laurea conseguita due anni fa, è un ragazzone dal fisico imponente, che a dispetto delle sue chiare origini italiane, è al suo primo viaggio nella terra degli antenati.

D: “Kevin, quali sono le tue prime impressioni su Torino e i torinesi?”
R: “Per ora dico solo: fantastico. Coach Rico (Merola, ndr) ci ha portato a visitare qualche posto in città e anche a vedere la battaglia delle arance (Carnevale di Ivrea, ndr) e ho già potuto vivere esperienze irripetibili negli Stati Uniti. Ci ha raccontato un po’ di storia della città, e credo che Torino sia una città bellissima. Inoltre avendo origini italiane è fantastico apprendere queste nozioni. Per cui direi un’ottima partenza per quelli che credo saranno dei bellissimi mesi
qui in Italia.”

Lou Cotrone è l’oriundo della squadra, avendo passaporto italiano. Rispetto a Kevin le sue origini del Bel Paese sono ancora più vicine, e in casa ogni tanto l’italiano ancora lo si parla. Lou è di Bellmore, poco distante da Brooklyn, e il suo aspetto nonché la simpatia ne fanno quasi lo stereotipo perfetto di un italiano a New York.

D: “Lou, anche per te la stessa domanda: le tue prime impressioni “italiane .”
R: “Beh, non posso che essere d’accordo con tutto ciò che ah detto Kevin. Io. Inoltre, sono rimasto impressionato dall’accoglienza. Tutti, dai giocatori ai coach ai dirigenti agli ex giocatori ci hanno accolto in maniera fraterna, sebbene fosse la prima volta che ci incontrassero. Per me, che arrivo da New York, dove la gente è molto più fredda e non ti accoglie in maniera così amichevole, essere ricevuto e ospitato così bene mi ha subito fatto messo a mio agio. Sai, all’inizio è difficile,
non sapendo dove andare, dove siano le cose, come comunicare: ma l’aiuto di coach, compagni e tutti quelli che ho conosciuto ha fatto in modo che il passaggio da casa a qua fosse davvero facile”.

Per Chris Salvi, free safety proveniente dalla prestigiosa università di Notre Dame, si è trattato di un ritorno, avendo già giocato per i Giaguari nella stagione 2014.

D: “Chris, questa è la tua seconda esperienza ai Giaguari. A un primo impatto, cosa vedi nella squadra di simile e cosa invece è cambiato rispetto a due anni fa?”
R. “ Trovo ci siano molte differenze, a parte qualche compagno di squadra e gli allenatori. C’è molta meno esperienza tra i giocatori, ma non credo che questo debba essere considerato come qualcosa di negativo. Io credo invece sia positivo. Credo che gli allenatori abbiano lavorato sodo per capire meglio il gioco. Io, Kevin e Lou stiamo lavorando insieme a loro per fare in modo che tutti siano in grado di essere allo stesso livello, e questa credo sia una cosa che due anni fa
ci è mancata. Questa credo che sia la più grande differenza rispetto a due anni fa, quella che ci farà ottenere molto di più in questa stagione.”

D: “Kevin, Lou, questa è la vostra prima esperienza di football al di fuori degli Stati Uniti. Conoscevate qualcosa del football europeo? Per quello che al momento avete potuto vedere, come giudicate il livello dei vostri compagni di squadra?”
Kevin: “Sinceramente non sapevo nulla del football europeo, pensavo che qui le persone si interessassero solo al calcio, come molti miei connazionali pensano. La mia prima impressione della squadra è che qui c’è passione da vendere, ad ogni livello: giocatori, allenatori, chiunque faccia parte della squadra ad ogni genere e titolo. Sono “affamati” di apprendere football, fin dal momento del mio arrivo ho ricevuto molte domande, tutti si prodigano di trovare modi per comunicare anche al di fuori del campo per apprendere il più possibile, e questo è fantastico. Da questo punto di vista è come negli USA: abbiamo fatto cene a carattere tecnico, gli allenatori e gli allenatori mandano mail per chiedere e dare spiegazioni se qualcuno non ha capito bene qualche concetto, per essere tutti in sintonia”.
Lou: “ Quel che penso dei miei compagni è che da un punto di vista prettamente atletico siano ad un livello non tanto differente di quello che c’è negli States: quel che manca sono le “fondamenta”: qui sicuramente il football non è passatempo nazionale come negli USA, quindi mancano quelle basi che da noi impari fin da prima di andare a scuola. Vedendoli all’opera potrei definirli, come si dice da noi, degli “atleti grezzi”, cioè con delle ottime potenzialità ma che hanno bisogno di imparare la tecnica ed essere seguiti costantemente per poter crescere nel gioco. I talenti ci sono, comunque, e penso che uno dei motivi per cui sono qui sia proprio quello di aiutarli dal punto di vista tecnico per poterli sfruttare al meglio. Credo che il football possa diventare popolare anche in Italia, ma ci vorrà tempo, quello necessario a tecnici e giocatori di creare le “fondamenta” di cui parlavo prima.”

D: “Chris, l’anno scorso alla difesa è mancata una leadership come quella che portasti tu due anni fa, e siamo sicuri che da questo punto di vista con te di nuovo a bordo siamo in una botte di ferro. Cosa credi di poter dare ancora in più, rispetto alla tua passata stagione in giallo nero?”
R: Io credo che le aspettative del team su di me siano ancora più alte rispetto a due anni fa, così come lo sono anche per me stesso: io credo che quello che posso portare in più sia una leadership non solo in campo ma anche e soprattutto fuori, parlando con i coach, aiutandoli a preparare le partite. Per quanto un giocatore sia trascinatore in campo, cosa sicuramente importante, penso che lo sia ancora di più esserlo fuori. Ripensando a due anni fa, mi vengono in mente i Panthers Parma, all’epoca una delle migliori squadre in Italia: io non credo che loro avessero dei giocatori più forti dei nostri, ma sicuramente conoscevano, di base, meglio di noi i fondamentali. Qui in Italia questo ti fa vincere, e su questo voglio dare il mio massimo apporto, posto che in campo darò ovviamente il 110 per cento.”

D: “Kevin, dopo il ritono dei Giaguari in Prima Divisione sei il primo quarterback americano a vestire la maglia giallo nera. Tutti conosciamo l’importanza del ruolo, così come tutti sappiamo come da un giocatore americano ci si aspetti il meglio. Avverti la pressione per questa responsabilità?”
R: “ Credo ci sia sempre pressione su un quarterback, è così per questo ruolo. E io la sento anche qui, ma mi piace. E’ una cosa che fa parte di te se giochi in questo ruolo. Ho giocato quarterback per 4 anni al college, e per un anno ho allenato il reparto, per cui ho potuto capire anche la differenza tra lo stare in campo e sulla sideline. Basandomi su questo, credo di poter dire che la differenza sia solo una questione di esperienza. Inizialmente può capitare di affondare per la pressione, sentirsi perso, ma è solo questione di tempo, poi si riesce ad utilizzarla in modo positivo. Parlando con coach Rico ed il resto dello staff, sarà importante dare all’attacco ritmo, prendere molti primi down, stare in campo il più possibile, per acquisire fiducia ed aiutare la difesa. Io sono pronto a raccogliere la sfida.”

D: “ Lou, in qualità di oriundo potrai giocare in campo contemporaneamente ad un altro import. Questo presuppone il fatto che probabilmente verrai impiegato nel doppio ruolo difesa/attacco. E’ questa una sfida che in qualche modo ti preoccupa? Non intendo solo per una questione di dispendio di energie fisiche, ma anche per il fatto che non è semplice cambiare tipologia di gioco continuamente durante una partita…”
R: “Credo che questa sia una sfida che sono pronto a cogliere. Innanzitutto questa non è per me una novità, dato che fin dal liceo ho giocato nel doppio ruolo, e a volte anche al college. Credo che giocare in difesa sia più istintivo, non hai molte cose a cui pensare, devi più che altro reagire velocemente a ciò che capita in campo, mentre giocando in attacco hai molte più cose da ricordare e su cui ragionare. Quando sarò impegnato in difesa la vivrò come una sorta di “riposo” rispetto ai miei impegni in attacco. Credo di poterlo fare, ne sono felice e lo considero un onore, quello di poter aiutare la squadra in tutte le maniere possibili”.

Questi i tre nuovi import dei Giaguari Torino, che al di fuori dell’intervista hanno confessato all’unanimità di non vedere l’ora di giocare la loro prima partita in giallo nero. Lo stesso è per noi, ma fortunatamente manca poco, con l’inizio della stagione fissato per il 5 di Marzo, giorno in cui i Giaguari, all’esordio, affronteranno subito i campioni uscenti dei Seamen Milano.
L’appuntamento è allo Stadio Primo Nebiolo, Parco Ruffini, alle ore 21.00.